Su questo argomento ne ho sentite e continuo a sentirne di cotte di crude.Iniziamo facendo un’importante distinzione.
In tutti gli alimenti che compriamo confezionati è presente un’etichetta che, per legge, deve fornire una serie di informazioni importanti.
Una di queste informazioni è la data di scadenza o il così detto termine minimo di conservazione (TMC). Che differenza c’è tra queste diciture?
La data di scadenza la riconoscerete quando troverete scritto: “da consumarsi entro il…” e in questo caso bisogna fare attenzione in quanto si tratta di prodotti freschissimi, deperibili e delicati.
Faccio un esempio particolare, il latte fresco. In questo caso la data di scadenza è fissata per legge a prescindere dalla qualità del prodotto allo scadere del tempo.
Ogni prodotto ha una vita di scaffale detta anche Shelf Life (SL) e nel caso del latte è di 6 giorni a partire dalla data di produzione.
Io che lavoro proprio nel settore lattiero caseario vi posso garantire che il latte fresco mantiene le sue caratteristiche per più di 6 giorni se, naturalmente, si rispetta sempre la catena del freddo e le comuni norme igieniche nel maneggiare la confezione (vi consiglio vivamente di NON bere direttamente dalla bottiglia).
Quando invece abbiamo a che fare con la TMC, troveremo la dicitura: “consumare preferibilmente entro il…” e in questo caso significa che il produttore garantisce che il prodotto si mantiene inalterato per tutta la durata della SL ovvero dalla data di produzione sino alla data indicata come TMC.
Questo non significa che il prodotto diventi pericoloso ma magari perde alcune delle sue caratteristiche organolettiche, magari le fette biscottate saranno meno croccanti ecc.
Abbiamo un margine da considerare che sarà tanto più grande quanto sarà lunga la SL.
Quindi se consumiamo il latte UHT due mesi oltre la sua TMC (che potrebbe essere di 4 mesi) sarà diverso dal caso in cui decideremo di consumare una un prodotto una settimana dopo la TMC indicata se questo ha una SL di un solo anno.
Chiaramente bisogna considerare sempre le condizioni di conservazione che devono essere quelle indicate dal produttore.
Altro esempio che mi piace sempre fare è quello dello yogurt che è anche lui particolare.
Come tutti ormai saprete il punto di forza dello yogurt sono i fermenti lattici VIVI.
Perché ho evidenziato “vivi”? Perché la legge impone che allo scadere del tempo lo yogurt mantenga almeno un certo numero di quei famosi batteri ancora vivi e attivi per i quali paghiamo.
Questo perché nello yogurt fresco i batteri sono moltissimi ma via via diminuiscono perché ad un certo punto inizia a scarseggiare la loro fonte di energia.
Capirete che consumare uno yogurt scaduto anche da una settimana non comporta danni al nostro organismo anche se consumato tal quale, figuriamoci se lo utilizziamo per fare ad esempio una torta. In quest’ultimo caso non fa alcuna differenza usarlo più o meno fresco perché con la cottura i batteri morirebbero comunque.
Magari io farei un po’ più di attenzione con i piatti pronti specialmente composti da molti ingredienti e da consumare freddi (tipo insalate di riso per intenderci) che, essendo particolarmente delicati (perché soggetti a molta manipolazione), potrebbero avere una carica batterica notevole allo scadere della SL.
Ma come si stabilisce una SL?
Si producono diversi lotti di un certo prodotto, ciascuno costituito da un certo numero di unità campionarie che verranno analizzate in tempi diversi ma sempre maggiori per essere sottoposte ad analisi fisiche, chimiche, microbiologiche e organolettiche sino ad un certo deterioramento del prodotto.
Quando questo deterioramento è giudicato inaccettabile ci si ferma e si stabilisce la durata della SL sulla base dei risultati ottenuti.
Quindi, per lo stesso prodotto possono esserci SL differenti (tranne alcuni casi come quello del latte fresco) e dipendenti dalle scelte del produttore che si baserà sullo studio di SL e talvolta anche su motivazioni commerciali (ma in questo caso potrebbe accorciare e non allungare la SL).
Riflettendo su quanto ho scritto sino ad ora si capisce quanti sprechi si potrebbero evitare nelle nostre case.
Quindi la risposta alla domanda nel titolo di questo post è: dipende!
Spero di aver chiarito qualche dubbio ma nel caso contrario rimango a vostra disposizione.
Laura Faedda
15 marzo 2017 at 1:12
Grazie per l’articolo, io ho sempre avuto la fobia per la scadenza, in particolare per i prodotti caseari. In realtà poi ho scoperto di avere un’intolleranza (fortunatamente transitoria) al lattosio per cui il problema nel mio caso non era affatto la scadenza.
Per quanto riguarda il miele, so che va indicato un termine minimo di conservazione (ovvero il “consumare preferibilmente entro il … “) in quanto si tratta di un alimento che non diventa mai nocivo per la salute, ma che indubbiamente col passare del tempo perde colpi sia a livello organolettico che nutrizionale, consigliano di indicare 18 mesi dall’invasettamento ma a casa mia un barattolo di miele fresco dura davvero molto poco 🙂
"Mi piace""Mi piace"
15 marzo 2017 at 6:41
Ciao Luca proprio così! Invece io ho da chiederti una cosa…mi hanno dato della cera di opercolo che ho sciolto e filtrato diverse volte per ripulirla e separarla dal miele. Mamma mia che disastro. Non sono riuscita a ripulire gli utensili in vetro che ho usato per sciogliere a bagnomaria. Mi sono resa conto che ha una resa davvero bassa. Ho scoperto che è proprio un lavoraccio! Hai qualche dritta? Laura
"Mi piace""Mi piace"
15 marzo 2017 at 8:23
Ciao! piccola premessa: Io faccio spesso pastrocchi quindi se sei come me può essere utile coprire il piano del fornello con della carta stagnola, così se schizza o cola della cera non c’è bisogno di perder tempo e pazienza nel grattarla via.
Come hai notato giustamente, la resa della cera d’opercolo grezza non è molto alta e il mio consiglio è quello di utilizzare strumentazione che adopererai solo per lavorare la cera (un pentolino antiaderente e un cucchiaio in legno puoi trovarli anche all’ikea a prezzi estremamente contenuti). Per la pulizia degli strumenti puoi lavare tutto sotto acqua calda corrente.
Per il pentolino antiaderente invece, quando è ancora caldo passa semplicemente uno scottex all’interno, la cera ancora calda rimane attaccata allo scottex e sei a posto così, fai solo attenzione a non scottarti chiaramente.
Per separare la cera di opercolo dal miele è più conveniente lavarla prima in un recipiente con acqua (non calda) un po’ come si fa quando si lava l’insalata, il miele si scioglie nell’acqua e dopo non devi far altro che svuotare il recipiente trattenendo la cera con un colino, e la metti a sciogliere a bagno maria.
Se è vera cera d’opercolo deve avere un colore giallo molto chiaro, tendente al bianco, e non dovresti aver bisogno di filtrare grandi impurità.
Detto ciò, se hai difficoltà a reperirla o vuoi evitare di cimentarti ancora nella pulizia della cera, ho visto che su Amazon cercando “cera cosmetica” vendono delle buste da 100 grammi di cera pulita per uso cosmetico in granuli pronta da sciogliere a circa 8 €.
Oppure con un po’ di pazienza ed il benestare delle mie api forse un po’ di grammi riesco a rimediarteli io, sicuramente però non prima di fine giugno.
Buon lavoro!
"Mi piace"Piace a 1 persona
15 marzo 2017 at 9:30
Grazie Luca, il tuo aiuto è sempre preziosissimo per me. Credo che la soluzione di Amazon sia quella più comoda. Davvero non pensavo che mi sarei così incasinata. Non sono riuscita a ripulire la vetreria nemmeno facendola bollire. Ti terrò aggiornato nelle mie disavventure 😁
"Mi piace""Mi piace"
15 marzo 2017 at 16:37
Così a naso mi viene da pensare che è probabile ci fosse molta propoli in quella cera, in quel caso puoi provare a usare l’acetone (quello per le unghie), purtroppo senza vedere vado per ipotesi. Buona giornata!
"Mi piace"Piace a 1 persona
7 aprile 2017 at 16:08
Non so perché ma mi ero persa questo tuo commento…vado subito a provare con l’acetone…
"Mi piace""Mi piace"
15 marzo 2017 at 13:32
Illuminante! 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona
15 marzo 2017 at 13:32
😉
"Mi piace"Piace a 1 persona
15 marzo 2017 at 17:20
Proprio l’altro giorno mi sono dibattuta nel dilemma: mangiare o non mangiare il prosciutto cotto arrosto, scaduto da quattro giorni, conservato in confezione sigillata intatta, che, una volta aperta la confezione, manteneva caratteristiche organolettiche invitanti? Inquieta, ho optato per il no, mio marito, più audace, se l’è mangiato di gusto e gode tuttora di ottima salute. 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona
15 marzo 2017 at 17:27
Ahahahah bellissimo, i maschi in questo sono impareggiabili! Io però al minimo dubbio lascio perdere perché una volta ho mangiato una seadas fatta da mia madre ma in frigo da troppi giorni. Beh ho pagato care le conseguenze visto che mi è venuto un mal di pancia epocale e non ero in casa. Un’esperienza che non vorrei ripetere, orribile! Quindi mi fido del mio istinto! 😉 Laura
"Mi piace"Piace a 1 persona
15 marzo 2017 at 17:35
Io da questo punto di vista sono fragilissima! Il mio nemico numero uno sono i prodotti ittici ( pesce, insalata di mare con polpo o polipetti) del ristorante. Cotti sul momento come dicono? Freschi? Non credo proprio… se cucino a casa mia non mi succede mai!
"Mi piace"Piace a 1 persona
15 marzo 2017 at 17:38
Potresti avere un futuro per i test in vivo :-). Magari ha a che fare con qualche trattamento che subisce il pesce prima della cottura, tipo ammoniaca per intenderci…che ne pensi?
"Mi piace"Piace a 1 persona